venerdì 22 ottobre 2010

...divista



«Io ti vedo».
Ma tu vedi me?
Non basta avere uno sguardo spalancato.
Non serve tenere gli occhi aperti.
Occorre imparare un altro linguaggio.
Sentire un altro sentire.
Credo che sia possibile.
Ne ho le prove. E' ciò che ti succede quando decidi di costruire una foto.
Curi l'immagine. Decidi i tempi. Dipingi la luce. E scatti la foto.
Ecco: non ti accorgi che ti vedo?
Non è buono sentirsi così?

giovedì 14 ottobre 2010

magari si ricomincia



Nel senso che, effettivamente, è possibile tornare a trovarsi utili.
Come quando si cerca un attrezzo, ormai abbandonato chissà dove, e lo si ritrova, con stupore e gioia. Impolverato... eppure già da subito pronto all'uso: non tanto perché già subito prestante, quanto perché necessario, e - dunque - più utile che mai.
Così è la sorte di questo blog. Come di altre azioni: tornare a leggere libri, ascoltare musica, guardare film... luoghi in cui, fondamentalmente, ci si dà appuntamento con se stessi, certi - stavolta - di non essere bidonati.
E qualora dovesse andar ancora buca? C'è sempre il tempo giusto e la forma adatta per potersi ritrovare.
Del resto: non è ciò che capita quando, passeggiando in rete (o camminando per strada), ti imbatti in qualcuno che in te riconosce l'amico che eri o la persona che sei stata?

A proposito: tra poco incontrerò RM.
Temo di intuire le sue paure e di prevedere le sue diminuite disponibilità.
E' anche questo un segno dei tempi: occorre imprimere una svolta ai ritmi dei nostri appuntamenti.
Ormai ci siamo fossilizzati su quanto abbiamo inventato. E, come nelle migliori tradizioni (appunto: "tradizioni", roba quasi da vecchi-dentro), ne siamo talmente incollati da temete qualsiasi novità.
Eppure, è proprio dal nuovo che può nascere il nuovo.
Eppure, noi tutti, ne abbiamo una tremenda paura.

domenica 23 maggio 2010

domenica 23 maggio

Veramente tranquilla. Inaspettatamente tranquilla. Quasi disturbante, tanto è il tempo a disposizione! In questa domenica di maggio la realtà assume colori strani. Quasi le persone chiedono permesso, prima di parlare... il ritmo stesso dei suoni pare ovattato, rallentato. Ho addirittura trovato modo, e luogo, di stendere queste due righe di riflessione.
Il bar è affollato più da baristi che da "avventori". Così il teatro: più attori che spettatori (ovvio: preparano lo spettacolo del prossimo sabato!). Fin'anche la segreteria è piena solo di segretari (in effetti dovrebbe essere chiusa... ma tant'é! Oggi butta proprio così).
E a me resta proprio il tempo - e tanto - per misurare, provare, sperimentare, riflettere, approntare... Mi pare proprio un lusso, e uno dei migliori!
Così, a zonzo per questa tastiera, attendo. Mi riposo. Aspetto. Mi rilasso. In attesa degli altri giorni, forti di sconquassamenti, imprevisti, incontri, attività, parole, discorsi, consigli, rumori, persone,persone, persone, persone, persone...

venerdì 21 maggio 2010

Dove eravamo rimasti?

Già, perché a ben vedere si parte sempre da qualche parte (appunto!). Anche quando si pensa che si sia proprio all'inizio. In realtà l'inizio null'altro è che la prosecuzione di quanto stava prima.
Ecco forse perché il nome "Secchi". Dice dove stavo prima.
Ma ora sono qui. E tu con me, a quanto pare. Diviene finanche secondario il luogo da cui si proviene; decisivo, invece, è dove si è.
Colgo l'occasione, nuova per me, di comunicare una storia: la mia. Affascinante? Non so, sicuramente unica e irripetibile. Come la tua, del resto. La quale, proprio ora (nel mentre mi leggi) mi appartiene un po'. Perché è così che va il mondo. Un perenne intreccio di incontri e garbugli simili. Nell'incrocio dei quali può nascere una narrazione significativa.
Vediamo se questo funziona.